L’arte giapponese di correre
Nel leggere L’arte giapponese di correre di Adharanand Finn scopro che l’ossessione per i giapponesi (popolazione nota per avere una passione smisurata per la corsa) non sia la maratona ma quella per un rito sportivo chiamato ekiden.
Apparentemente una semplice staffetta a squadre (nata a inizio dello scorso secolo proprio come prova propedeutica alla maratona), che si corre su varie distanze: di pochi chilometri per i runner amatori, fino a un massimo di oltre duecento chilometri per le gare universitarie e professionistiche, coperti dai frazionisti nell’arco di due giorni.
Gli ekiden si ispirano al lavoro dei messaggeri che operavano durante il periodo Edo (1603-1868). A quei tempi, lettere e comunicati venivano trasportati da veri e propri podisti che percorrevano di corsa la strada tra Tokyo e Kyoto (l’antica capitale). Quando erano stanchi, si fermavano in una delle varie stazioni lungo il percorso. Lasciavano il loro messaggio al corriere successivo e questo ripartiva correndo.
Il primo ekiden moderno risale all’inizio del ‘900.
Ispirati dai postini del periodo Edo, nel 1917 un gruppo di appassionati podisti istituì il primo ekiden. Partiva da Kyoto e arrivava a Tokyo, su una distanza di ben 508 km. I corridori che si alternavano per strada dovevano passarsi l’un l’altro una sorta di fettuccia di stoffa chiusa ad anello (tasuki) che poi infilavano a tracolla: quello è rimasto ancora oggi il “testimone” che si usa in corsa.
È stato dopo la Seconda Guerra Mondiale che l’ekiden si è ampiamente diffuso in tutto il territorio nipponico. Dopo la fine del conflitto, il Giappone aveva bisogno di ritrovare la sua coesione come nazione. La corsa a staffetta è stata interpretata come un modo per riunire le persone in gruppi, ritrovare uno spirito comunitario e infondere un po’ di morale (come solo lo sport sa fare).
Gli ekiden sono aperti a team cittadini, privati e soprattutto universitari. L’aspetto poi più romantico è quello che questa staffetta viene vista (non solo in TV) e seguita da una miriade di cittadini che si siedono lungo il percorso a incitare tutti i partecipanti. L’Hakone Ekiden non è guardato solo da chi è appassionato da atletica, ma dalla maggior parte dei giapponesi, anche da chi non pratica sport. È una sorta di evento che fa parte della loro cultura e che ancora oggi ha la capacità di riunire le persone.
Curiosità: in Giappone vige un motto per cui non conta la squadra che ha vinto più ekiden, ma quella che ha vinto l’ultima. Insomma, è una sfida sempre aperta.
Claudio Lorenzoni