Dicci chi sei, cosa fai nella vita di persona e nella vita di artista e come mai sei qui.
Sono Giorgio Saccomandi, nato a Torino nel marzo del ’58. Dopo il diploma ho girato il mondo vendendo ricambi auto. Dopo 26 anni ho decido di lasciare questo lavoro, unitamente ad auto-patente-box-quotidiani, ed essendo tecnologicamente scollegato, no cellulare no pc, posso dire forse con supponenza di vivere una vita alternativa.
Presentati con un’opera d’arte del passato di qualche grande (o non grande) artista e perché.
Direi “Il bevitore di cocktail” di Max Ernst, maschera di memoria kubrickiana, copiato con devozione e grande soddisfazione. Ernst, come Baj, Picasso, Brown, Otto Dix sono generatori di cortocircuiti visivi, di inquietudini entusiastiche.
La cosa che non sopporti e la cosa che ami nel mondo dell’arte.
Quando penso all’arte, quindi al mondo che viviamo, mi rivolgo alla poesia. Oggi è l’esempio di come il nostro oggi abbia annientato la poesia. Oggi le emozioni umane sono producibili tecnologicamente giusto per non appesantire troppo il consumatore. Il mondo dell’arte è simile. Un mondo che si ricorda solo di quello che si compra. Una memoria storica da supermercato. L’essere in offerta speciale! Io, continuo a credere in ciò che non compro.
La persona o l’evento che ti ha cambiato la vita (a livello artistico).
Quando ho conosciuto C.L. (l’organizzatore) ho trovato un critico attento, come si dice “non omologato”. La visione delle mie tavole é stata una buona occasione per ribadire il concetto che solo l’arte potrà sopravvivere. Il bla-bla e’ mefitico, una gabbia per l’artista.
Hai già visto Camo? Che impressione ti ha fatto?
Mai vista. Da come me ne hanno parlato, un luogo coerente del fare non comune.
La tua opera biglietto da visita?
“The Dalinian Mask”, collage carta e nastro adesivo. Un’opera che qualcuno ha definito “postmoderna”.
Museo a Cielo aperto. Come lo vedi il cielo sopra il progetto?
Color ORO! Il fattore tempo che dilata il contemporaneo nell’infinito. Il fattore museale che si liquefa nell’apertura celeste annullando di fatto il senso claustrofobico tipico della parola “museo”.
Cosa saresti se non avessi fatto l’artista?
Mi sono ritagliato a colpi di forbice uno spazio, un’identità artistica che vuole dividere. Non ho alternative se non fare l’artista.